Intervista esclusiva al giovane terzino della Clivense Daniele Motta, in gol contro l’Atletico Squarà.
Lo scorso sabato ha trovato il primo gol con la maglia della Clivense, e non un gol qualunque. Sinistro di controbalzo che, come un lampo che si staglia in mezzo alla nebbia, finisce dritto sotto l’incrocio dei pali. “È stata più l’emozione quando mi sono girato dopo il gol e ho visto tutta la panchina saltare in aria, è stato bellissimo, non segnavo da un bel po’ di anni. Che sia il primo di molti altri, anche se preferisco fare assist o non subire gol, quello è il mio compito da difensore”. Daniele Motta, terzino classe 2001 da Como, si presenta così ai propri tifosi, che fino a quel momento l’avevano potuto apprezzare per le sue sgambate sulla fascia sinistra. Un po’ come faceva da giocatore il suo idolo milanista, Paolo Maldini, che proprio contro il Como realizzò il primo dei suoi 29 gol in Serie A.
“Ho iniziato a giocare a calcio a cinque anni” – spiega Motta – “con la squadra dell’oratorio di Albatese. Dai 9 ai 13 anni ho provato anche il basket, facendo per un po’ entrambi gli sport contemporaneamente. Ho continuato poi con il calcio al Castello Vighizzolo seguendo il mio vecchio mister Ferruccio Della Valle, con un’esperienza di un anno all’Alta Brianza Tavernerio, altra società del comasco vicino a casa. Nel frattempo sono diventato elettricista e muratore, così dopo due anni ho smesso di giocare per motivi di lavoro”.
Fino a questo settembre, quando “ero al bar con alcuni miei amici, io non sono un tipo molto social, così uno di loro mi mostrò l’annuncio del provino per la Clivense. Era il giorno stesso, così gli dissi che a saperlo prima ci sarei andato: guarda caso scoprimmo che sarebbero durati due giorni; allora l’indomani presi subito il treno e mi sono presentato al Payanini Center. Ho fatto la mia partita, poi, passati un paio di giorni, mi ha chiamato mister Allegretti chiedendomi come fosse andata. E aggiunse che ero stato preso”.
Un cambiamento radicale nella vita di un ragazzo di appena vent’anni: “Al momento sto facendo avanti e indietro Como – Verona, in attesa di trovare una sistemazione e un impiego qui. Ho lavorato per un po’ di tempo al Payanini Center come cameriere, ma con gli allenamenti non riuscivo a far coincidere le due cose. Il mio primo obiettivo è giocare a calcio, il resto viene dopo, altrimenti non venivo neanche fin qui”.
Nella sua stessa situazione anche molti altri compagni di spogliatoio, calati in questa realtà, lasciando casa e affetti, disposti a tutto pur di inseguire il loro sogno. E forse sta proprio in questo il segreto e il collante dello spogliatoio della Clivense: “L’esperienza dei giocatori più vecchi si fa sentire, ce la trasmettono a tutti noi. Sul fatto di essere uno dei più piccoli non lo sento tanto come un peso perché della mia età in realtà siamo in tanti. Tra di noi si è creato un bel gruppo, ognuno ha fatto tanti sacrifici per venire qua, ci diamo una mano l’uno con l’altro”.